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Il 5 novembre 2021, data di rilascio del film sull’omicidio di Yara Gambirasio, è arrivato. Da oggi gli abbonati su Netflix potranno vedere il tanto atteso e criticato docu-film sulla scomparsa e sull’omicidio della ragazzina di Brembate Sopra, già uscito nei cinema italiani dal 18 al 20 ottobre. I fatti, risalenti al 2010, sono stati ampiamente documentati dalla stampa che ha trasformato la vicenda in un vero e proprio caso mediatico. Dopo più di dieci anni il docufilm intitolato “Yara” cerca di mettere insieme i pezzi della tragedia in un racconto per immagini.

“Yara”, un film controverso

Il cast della pellicola che si basa sul caso dell’omicidio della giovane Yara Gambirasio include Isabella Ragonese, che veste i panni della pm Letizia Ruggeri, Alessio Boni nei panni del comandante dei carabinieri Vitale e Chiara Bono nei panni della vittima. Il film si apre col ritrovamento del corpo della ragazza per poi proseguire con un flashback che racconta le ricerche, partite dal momento della scomparsa della giovane.

Successivamente il racconto si snoda su ciò che è avvenuto dopo il ritrovamento del cadavere di Yara, basandosi principalmente sulle vicende giudiziarie e sulle conseguenze sociali del caso. Il regista, Marco Tullio Giordana, ha spiegato qualche giorno fa a “La Repubblica” che inizialmente non era sicuro di voler partecipare al complesso progetto, nella mente del produttore Pietro Valsecchi da diverso tempo. Il regista settantenne ha aggiunto che non è ovviamente facile trattare una vicenda così spinosa e recente. Per questo ha deciso di basarsi, con cautela, sui documenti, sui verbali e sugli atti processuali senza lasciarsi andare all’emotività.

Yara su Netflix, il commento della famiglia

Già ben prima della sua data di uscita il film ha fatto parlare di sé. Non è mancato il commento dei genitori della ragazza che hanno dichiarato, attraverso il proprio avvocato, di non aver mai avuto alcun contatto significativo con il regista del film. Quest’ultimo avrebbe telefonato ai due solo nelle fasi finali della realizzazione della pellicola.

Il caso Yara e la condanna di Bossetti

Il caso dell’omicidio di Yara Gambirasio ha letteralmente sconvolto l’Italia. La giovane ginnasta è scomparsa all’età di 13 anni il 26 novembre 2010, dopo essersi recata in palestra. Dopo tre mesi di ricerche è stato trovato il suo corpo senza vita in un campo. Dopo tre anni la svolta: fu arrestato il muratore 44enne Massimo Bossetti, ritenuto colpevole. Il suo DNA si è rivelato sovrapponibile con quello ritrovato negli indumenti intimi di Yara.

L’uomo avrebbe adescato la ragazza e poi, in circostanze ancora ignote, le avrebbe tolto la vita. Bossetti è stato condannato all’ergastolo ma continua a dichiararsi innocente e a chiedere che le tracce biologiche che lo incriminano vengano riesaminate. Anche Claudio Salvagni, il legale del muratore, ha commentato al settimanale “Oggi” la pellicola. L’avvocato, che a detta sua non è mai stato contattato dal regista, l’ha giudicata “piena di errori e incongruenze”.

Bossetti, le tappe del processo

Il 1º luglio 2016 la Corte d’Assise di Bergamo ha condannato Bossetti all’ergastolo. La Corte ha inoltre riconosciuto l’aggravante della crudeltà e ha revocato all’imputato la responsabilità genitoriale sui suoi tre figli. La Corte ha quindi disposto dei risarcimenti per ciascun genitore e per ogni fratello di Yara e per gli avvocati.

Il processo d’appello ha avuto inizio il 30 giugno 2017. La difesa ha portato come nuova prova una foto satellitare, cercando di sostenere che il corpo di Yara sarebbe stato spostato e il Dna depositato molto dopo il crimine. La procura ha rigettato tale ricostruzione e il 17 luglio 2017 la Corte d’Appello di Brescia ha confermato la sentenza del primo grado di giudizio.

Il 12 ottobre 2018 la Corte di cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo di Bossetti.

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