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Tiziano Ferro e la ricerca della verità. Una verità propria, intima, introspettiva. L’artista di Latina, dal 6 novembre protagonista su Amazon Prime Video con il docufilm sulla sua vita, si è confessato attraverso una lunga intervista a Fanpage.it. Ferro si è raccontato a livello profondo, iniziando dai problemi avuti con se stesso relativi all’accettazione della propria persona. La difficoltà nel mantenere sempre una “versione” nonostante fama e popolarità, l’abuso di alcol, il peregrinare per il mondo alla ricerca di “casa” e la repressione del narrarsi senza filtri: Tiziano ha affrontato questo e molto altro.

Per prima cosa il cantante specifica che, paradossalmente, il docufilm è indirizzato a se stesso perché ha 40 anni ha sentito il bisogno di prendersi

“il diritto di dire che non ha bisogno di filtri, che abbracciare se stessi è il privilegio più grande e pensare che la difficoltà sia qualcosa della quale vergognarsi è semplicemente un peso in più che ti impone una vita da bipolare inutile”.

Ferro spiega che tale sua sensibilità l’ha afferrata fin dagli albori del successo. All’epoca, però, gli mancavano il bagaglio di coscienza e convinzione di mostrarsi in tutto e per tutto senza reticenza:

“Sono scappato all’estero, avevo il terrore che questa fama mi rendesse una persona ignorante. Da lì ho capito che avevo un senso di autoconservazione e una caparbietà che mi hanno portato, un po’ per follia e un po’ per disperazione, a cercare di lasciarmi essere me stesso, di esistere in una versione sola”.

Tiziano si definisce un “disadattato”. Per meglio spiegare il concetto cita il film la Pazza Gioia di Virzì, in particolare la scena in cui Micaela Ramazzotti dice ‘Io sono depressa, sono nata più triste, che ci vuoi fare, è così”.

“Io ho pensato che era bello si parlasse di malattia mentale e di depressione come una condizione reale e non soltanto come una condizione ambientale legata alla fidanzata che ci lascia. Questa cosa è vera, anche io ce l’ho. La celebro, ci rido, hashtag disadattato #disadattato, facciamolo diventare popolare, perché non siamo soli”.

Spazio quindi al coming out di un’artista, un percorso non semplice, soprattutto se si è considerati dei sex symbol. Ferro torna quindi ai suoi 28 anni quando non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto. “Bevevo dalla mattina alla sera, non capivo quale fosse l’origine di quel dolore”, spiega. Ciò si portava dietro una situazione ancor più spinosa, vale a dire la non possibilità di avere una love story:

“Non mi davo la possibilità di avere una storia d’amore perché non l’avrei potuta condividere quindi c’era questa repressione che mi uccideva”.

L’artista aggiunge che tale malessere è giunto all’apice del suo successo: da un lato l’immagine pubblica di icona musicale inarrestabile, dall’altra un processo interiore delicato da metabolizzare. Alla fine Tiziano ce l’ha fatta a vincere i suoi demoni interiori, grazie anche a Victor Allen, suo marito. I due oggi vivono a Los Angeles. Sul concetto di ‘casa’ Ferro ha sviluppato una propria riflessione, che abbraccia un ampio spettro:

“Il concetto di casa è una delle cose che mi ha tormentato di più. Perché non mi sono mai arreso all’idea che la fotografia della mia vita dovesse avere sempre cento pezzi sparsi per il mondo e pensavo che fosse l’ennesimo segnale di grande imperfezione. Poi ho capito che invece che perdere tempo a guardare gli svantaggi della propria condizione forse conviene iniziare a contare le cose per le quali si è grati. E oggi è faticoso sì, pensare di dover passare Natale con la mia famiglia dovendo fare 15 ore di volo ma si fa. Lo so che mia madre soffre la mia lontananza però mio padre dice sempre una cosa che mi commuove: “Ca..o, ho un figlio di 40 anni e per la prima volta lo vedo felice. E nonostante la lontananza, questo mi basta”.

Ferro, che si guarda bene dal presentarsi come un uomo con la verità in mano pronto a vestire i panni di maestro di vita, alla fine, però, si sbilancia e qualche consiglio lo dà. In particolare quello che manda è un messaggio preciso: tentare in ogni modo di liberarsi delle proprie fragilità “perché si vive meglio”. Inutile ricevere applausi se si inscena una cosa in cui non si crede. Semplicemente perché quell’applauso non porta a nulla. Parola di Tiziano!

Mirko Vitali

Nato in una città del Nord, un paio di lauree umanistiche e un master in critica dello spettacolo. Si diletta a scrivere di televisione e dell'infernale mondo del gossip del Bel Paese (è convinto che qualcuno dovrà pur farlo questo ingrato mestiere di spifferare i fattacci altrui).

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