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“Così l’azienda va a sbattere, ma è tutto inutile”. La frase non è stata pronunciata da un commentatore qualunque che sta assistendo esternamente alle folli dinamiche della Rai, bensì dal numero uno della stessa Tv di Stato, vale a dire l’amministratore delegato Roberto Sergio. C’è in corso una faida intestina tra i piani alti del servizio pubblico che ha dell’incredibile, perché ormai combattuta praticamente alla luce del giorno, innanzi ai cittadini che, si ricorda, pagano il canone. Cioè spendono soldi. E non per vedere un’emittente perdersi in rese di conti politiche, ma nella speranza di vedere una tv di qualità, sostenuta da scelte razionali.

Con il caso di Antonio Scurati si è toccato il fondo, ma ciò è solamente la punta dell’iceberg di una gestione bizzarra, per non dire imbarazzante, della tv di Stato. Per chi si fosse perso le tappe della vicenda dello scrittore, ecco un breve riassunto di quel che è capitato. Scurati è stato invitato a Chesarà…, su Rai Tre, nella trasmissione di Serena Bortone. Avrebbe dovuto leggere un suo monologo sul 25 aprile in cui c’era una critica al governo. Qualcuno molto in alto a Viale Mazzini ha fatto saltare l’ospitata. La Bortone, con coraggio, ha denunciato pubblicamente sui social il fatto. così è scoppiato il caso censura.

Dai vertici Rai hanno provato a mettere una toppa, tentando una giustificazione spericolata: non si è trattato di censura ma di una questione economica. Secondo l’iniziale versione ufficiale, sposata persino da Giorgia Meloni, non si voleva silenziare Scurati. Lo si è bloccato perché avrebbe dovuto essere pagato 1.800 euro. Peccato che tale presa di posizione sia stata smentita nel giro di poche ore. Sugli organi di stampa qualche ‘talpa’ ha fatto trapelare una mail interna dei dirigenti Rai in cui c’è scritto  a chiare lettere che la scelta di tagliare il monologo è stata fatta per una questione “editoriale”. Altro che economica. Boom, putiferio!

L’amministratore delegato Rai Roberto Sergio è arrivato a riferire questo al Corriere della Sera: “Io cerco di far capire ai miei amici che così l’azienda va a sbattere, ma è tutto inutile”. Chi sono tali amici amici? Sergio non ha fatto nomi, ma è chiaro che si sia riferito al direttore generale (che gli succederà a breve come amministratore delegato) Giampaolo Rossi, meloniano di ferro, e al suo staff.

“Da settimane la Rai è vittima di una guerra politica quotidiana con l’obiettivo di distruggerla”, ha spiegato sempre Sergio, in un colloquio con La Stampa. Una vera e propria ammissione del fatto che la Rai sia stata investita da una polveriera a livello dirigenziale e che i piani alti siano in lotta. L’amministratore delegato è furioso. Sul caso Scurati ha tuonato: “Quello che è accaduto non può finire qui, per lunedì ho chiesto una relazione, saranno presi provvedimenti drastici”. Infatti secondo Sergio è “surreale, surreale come sia potuto accadere, è necessario approfondire e dare risposte. Chi ha sbagliato paga”.

La vicenda dello scrittore ha pure innescato una nota durissima del sindacato Usigrai che ha fatto leggere un comunicato ai giornalisti Rai nei Tg e Gr. Questo il testo che inchioda il governo:

“Il controllo dei vertici della Rai sull’informazione del servizio pubblico si fa ogni giorno più asfissiante. Dopo aver svuotato della loro identità due canali, ora i dirigenti nominati dal Governo intervengono bloccando anche ospiti non graditi, come Antonio Scurati a cui era stato affidato un monologo sul 25 aprile, in una rete, Rai3, ormai stravolta nel palinsesto e irriconoscibile per i telespettatori. La stessa azienda che ha speso 6 milioni di euro per il programma Avanti Popolo, ora avanza motivazioni di carattere economico per l’esclusione di Scurati. Motivazioni già smentite dai fatti. Siamo di fronte ad un sistema pervasivo di controllo che viola i principi del lavoro giornalistico. L’assemblea dei Comitati di redazione della Rai mercoledì ha proclamato lo stato di agitazione e approvato 5 giorni di sciopero. Gentili telespettatori, noi ci dissociamo dalle decisioni dell’azienda e lottiamo per un servizio pubblico indipendente, equilibrato e plurale”.

Così le faide interne si ripercuotono sulla qualità dei programmi televisivi

Non si tratta solamente di battaglie dirigenziali senza conseguenze sui programmi, cioè sui prodotti che, lo si ribadisce, i cittadini pagano attraverso il canone. Tali faide hanno ripercussioni sulla qualità delle trasmissioni e sulla fuga dei professionisti. Si pensi al caso di Amadeus: c’è chi è pronto a scommettere, probabilmente non a torto, che se in Rai si fosse respirato un clima differente rispetto a quello degli ultimi mesi, il conduttore sarebbe rimasto nell’azienda.

Per non parlare del caso Fazio, altra perdita qualitativa del servizio pubblico. Sicuramente nessuno è andato dal giornalista savonese dicendogli “vattene”. Ma chi non è scemo, capisce subito se in un posto si è graditi o no. Fazio ha compreso rapidamente che con la nuova governance, nonostante il suo programma fosse un fiore all’occhiello sul fronte ascolti e contenuti, non avrebbe avuto vita facile. Così ha giustamente levato le tende.

E cosa dire della miopia che rasenta il tragicomico, di altre scelte? Serena Bortone è fatta fuori dal pomeriggio di Rai Uno non per demeriti professionali (il suo programma Oggi è un altro giorno andava benone), ma per motivazioni che tutt’oggi sfuggono ai più. Il segreto di pulcinella è che la giornalista non sarebbe stata vista di buon occhio dalla nuova dirigenza cosiddetta meloniana. Così è stata dirottata su Rai Tre, rete meno in vista. Al suo posto è stata richiamata Caterina Balivo, che sta facendo peggio della Bortone con La Volta Nuova. Finita qui? Manco per idea.

A Pino Insegno, amico stretto della premier, è stato affidato Il mercante in fiera. Un flop colossale. In una logica privata e meritocratica, chi non fa bene viene superato da coloro che ottengono risultati. In Rai a volte invece ci sono altri ragionamenti. Ecco allora che Insegno è stato piazzato a Reazione a Catena, su Rai Uno, nella fascia preserale. Promozione, voilà! Sempre sul fronte intrattenimento, la nuova dirigenza ha avuto idee tutt’altro che geniali, come le novità dei varietà in prime time sull’ammiraglia di Chiara Francini e Virginia Raffaele. E come non citare l’esodo di massa da Rai Tre che, oltre a Fazio, ha visto la fuoriuscita di Gramellini, Augias e Bianca Berlinguer.

Il problema non è tanto chi se ne va, ma i rimpiazzi. Altra idea geniale della nuova dirigenza è stato Avanti Popolo di Nunzia De Girolamo. Altro flop clamoroso. Infatti si è deciso di tagliare il programma, facendolo terminare in anticipo. Dunque sì, ha ragione Roberto Sergio: “Così si va a sbattere”.

Mirko Vitali

Nato in una città del Nord, un paio di lauree umanistiche e un master in critica dello spettacolo. Si diletta a scrivere di televisione e dell'infernale mondo del gossip del Bel Paese (è convinto che qualcuno dovrà pur farlo questo ingrato mestiere di spifferare i fattacci altrui).

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