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L’incidente e la cicatrice, i 24 anni per dire la verità, la conoscenza e le nozze con Francesca Pascale, il bisogno di libertà: Paola Turci si è raccontata a ruota libera al Corriere della Sera a cui per la prima volta ha spiegato diversi dettagli della sua vita. Nata a Roma il 12 settembre 1964, a undici anni si fa regalare una chitarra. Un amore, quello per la musica, viscerale. Già in giovane età mostra un talento artistico fuori dal comune e arrivano i primi successi. Poi la data spartiacque: 15 agosto 1993. Intorno alle 6.30 è al volante di una Saab 900 Cabrio, diretta al Golfo di Policastro per un concerto, e resta vittima di un terribile incidente stradale sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, all’altezza dell’uscita di Torano Castello. Si salva ma ne esce con gravi ferite e il volto parzialmente sfigurato.

“Dopo l’incidente tolsi gli specchi in casa”

“Sicilia, tour. Sono nervosa perché la sera prima lo spettacolo non è andato come avrei voluto, in più si rompe la macchina del tour. Una mia amica siciliana mi presta la sua macchina. Intanto sento l’inquietudine montare. Sul traghetto ricordo di aver chiamato tutta la mia rubrica Per dire niente. Quando chiamo mia madre dico solo “mamma”, basta “mamma” perché lei capisca che qualcosa non va. Si raccomanda di dormire, anche oggi mi ripete che devo dormire, ha paura che non dorma abbastanza”. Si arriva alla notte del 15 agosto:

“Ho un vestito corto nero, e i capelli liscissimi, appena fatti. Guido la macchina della mia amica. Aspetto la telefonata di mio padre: guardo e riguardo il telefono, finché non mi accorgo che è spento. Da lì smetto di guardare la strada. La macchina sbanda, io riesco a riportarla in strada, sbatte contro il guardrail, si cappotta due volte. In quegli istanti penso: “sono atletica, basta che accompagno le botte. Appena la macchina si ferma sento i capelli tranciati di netto. La prima cosa di cui mi accorgo. I miei capelli lunghi non ci sono più. Le voci della gente. Qualcuno dice: “Paola Turci, è Paola Turci”. Io non riesco a aprire gli occhi. In ospedale sento gli infermieri avvisare i medici: “c’è una ragazza nera”. Mi avevano scambiato per una ragazza nera, credo perché non si vedeva niente. Il viso era aperto, c’era tanto sangue. Dico: “Toglietemi questo vestito, sono piena di vetri dentro””.

Dopo l’anestesia la Turci chiede di non avvisare i suoi genitori per non farli preoccupare. “In seguito saprò che mia madre quella notte ha sognato di riprendermi per un capello dalla lavatrice. Sogna che io sono dentro la lavatrice, e lei riesce a tirarmi fuori”, aggiunge la cantante. Il periodo successivo all’incidente non è semplice:

“A distanza di un mese riprendo il tour. Dico di stare benissimo, trovo mille giustificazioni ai capelli davanti agli occhi: il vento. “C’è il vento” ripeto. Mi copro in ogni modo, occhiali da sole, trucco. Al ristorante mi metto di profilo, con il lato del viso distrutto dalla parte del muro. Anni a nascondermi, fingendo di stare bene. Fingendo di non avere paura di essere vista, giudicata, di non essere all’altezza. Addirittura per strada, se qualcuno, riconoscendomi, mi fissava troppo, io m’innervosivo. Pensavo: sta guardando la cicatrice. La sentivo: qualcosa di appiccicoso che stringeva. Una maschera sulla faccia che non potevo togliere. Alzare una mano e gettare via. Avevo fatto levare gli specchi da casa. Più avanti, con uno specchio piccolo ho iniziato a guardarmi, non tutta insieme. Dal collo in su, salivo: la bocca, il naso, un pezzo al giorno”.

A ottobre dello stesso anno esce il video di una canzone (Io e Maria ) dove torna a mostrarsi totalmente anche se ha ancora molta ritrosia, tanto che tiene i capelli davanti al viso, gli occhialoni scuri e si mette un trucco pesante, facendosi riprendere di profilo, dalla parte non colpita dalla cicatrice.

Quando le si domanda quanti anni ci abbia messo per dire la verità, soprattutto a se stessa, replica: “Ventiquattro. Ventiquattro anni per sconfessarmi. Per rivelare che non era vero niente: no, non stavo bene, non ero felice. Ho trascorso ventiquattro anni a nascondermi. Come i bulimici che mangiano e giurano di non aver mangiato niente”. Che però avesse bisogno di uscire dai cliché lo aveva capito molto prima. In quegli anni ci sono regole anche per l’abbigliamento. A una donna sono richiesti tacchi alti e abito aderente. “Per due anni accetto. Poi dico basta”, ricorda la Turci che sottolinea come sia andata contro i discografici indossando “top, pantaloni, e scarpe da elfo”.

Paola Turci: “Così ho conosciuto Francesca Pascale”

Capitolo sentimentale. Negli anni Novanta è stata sentimentalmente legata al tennista Paolo Canè. Il 2 luglio 2010 ha sposato Andrea Amato, giornalista di R101. Il matrimonio si è celebrato ad Haiti, nella cappella dell’Ospedale St. Damien. La coppia si è separata nel 2012. Il 2 luglio 2022 si è unita civilmente a Montalcino con Francesca Pascale, ex compagna di Silvio Berlusconi.

Quando le si domanda del suo orientamento spiega: “Mai definita attraverso la sessualità. Ho avuto molti uomini, eppure nessuno mi ha mai detto con accezione negativa: sei etero. Al contrario mi dicevano che sembravo lesbica per via dei muscoli e della voce bassa. In quel momento stavo con uomini: fidanzata, sposata. La gente continua a dire lesbica come un’offesa, invece è un aggettivo”.

Si giunge all’amore per Francesca Pascale e per la priima volta la Turci parla di come si sono conosiute: “Non m’incuriosiva, poi un giorno leggo una sua intervista su Il Fatto Quotidiano , di Francesca Fagnani, e rimango colpita. Quello che dice sui diritti, sulle ingiustizie. Al che la cerco su Instagram dove lei era arrivata da poco per cercare me. Così mi ha detto. Mi seguiva come cantante. Io metto un like a una sua immagine in sostegno di Radio Radicale. Dal like iniziamo a scriverci“.

Il primo incontro è ad un concerto della stessa Turci: “Ero emozionata a sapere che nel pubblico ci fosse lei”. La conoscenza si è poi approfondita ed è culminata con le nozze celebrate il 2 luglio 2022.

I viaggi in camper

La cantante rivela anche qualche chicca privata della vita assieme alla Pascale: “Ciò che ci rappresenta? Il camper. Ci piace viaggiare in camper. Siamo andate a Amsterdam, e a Parigi. Francesca ha individuato il modello su internet, lei in questo è brava, ricerca. Quindi andiamo dal rivenditore. Ricordo la strada per tornare a casa: lei davanti col camper, io dietro in macchina. Non è grandissimo: un living con due panche e un tavolo. Chiuso il tavolo, dal soffitto viene giù il letto. Guida Francesca. Ogni tanto ci fermiamo in autogrill, ma non scendiamo. Rimaniamo dentro, andiamo in bagno. Ripartiamo”.

Mirko Vitali

Nato in una città del Nord, un paio di lauree umanistiche e un master in critica dello spettacolo. Si diletta a scrivere di televisione e dell'infernale mondo del gossip del Bel Paese (è convinto che qualcuno dovrà pur farlo questo ingrato mestiere di spifferare i fattacci altrui).

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