Flavio Bucci è morto, trovato stamane privo di vita nella sua abitazione: l’attore divenne celebre interpretando il pittore Ligabue. Ha condotto una vita di eccessi “senza rimpianti”
Addio a Flavio Bucci, il grande interprete noto per il personaggio di Antonio Ligabue e decine di film come il Marchese del Grillo’. L’attore sarebbe stato stroncato da un infarto, come scrive TgCom24. A rendere noto il decesso è stato il sindaco di Fiumicino Esterino Montino, con un post su Facebook. Bucci, da diversi anni, abitava a Passoscuro, sul litorale romano. A trovare il copro senza vita dell’interprete una persona che aveva accesso alla sua casa. Come riportato dall’Ansa, il ritrovamento del cadavere è avvenuto attorno alle 9 di stamattina. Inutili i soccorsi da parte del personale del 118 arrivato sul posto. L’attore aveva 72 anni.
“Mi sparavo cinque grammi di coca al giorno, solo di polvere avrò bruciato 7 miliardi”
“La vita è una ed è tua, puoi farci quello che vuoi”, dichiarava nel 2018 al Corriere della Sera, “Non mi sento colpevole verso nessuno. La verità è che tutti ti pretendono a loro immagine e somiglianza, però io sono come sono. Non mi voglio assolvere da solo e non voglio nemmeno andare in Paradiso, che poi sai che noia lassù”. Bucci ha avuto una vita di eccessi, tra sigarette, droga e alcol. Sempre al quotidiano di Via Solferino ammetteva: “Mi sparavo cinque grammi di coca al giorno, solo di polvere avrò bruciato 7 miliardi. Lasci perdere discorsi di morale, che non ho. E poi cos’è che fa bene? Lavorare dalla mattina alla sera per arricchire qualcuno? Non sono stato un buon padre, lo so. Ma la vita è una somma di errori, di gioie e di piaceri, non mi pento di niente, ho amato, ho riso, ho vissuto, vi pare poco?”.
Flavio Bucci, quando fu consacrato dal ruolo del pittore Ligabue
Flavio Bucci ha preso parte a tantissime pellicole, quasi cento. L’ascesa nel mondo del cinema era giunta negli anni 70, per la sua interpretazione del pittore Ligabue nell’omonimo sceneggiato televisivo. Tra le sue interpretazioni più famose quelle ne “La classe operaia va in paradiso” e ne “Il divo” di Paolo Sorrentino.